Evoluzione dei Tempi e Gruppi di Associazione

Evoluzione dei tempi e scomparsa di vecchi sapori

 Pensando a tutto ciò che ti ho raccontato e guardando a ciò che è diventato e come si è trasformato questo paese, mi sembra di averti parlato di cose da terzo mondo, che poco hanno a che fare con questa vita frenetica e moderna che tutti ci ha travolti.
Se solo uno dei nostri antenati, vissuto agli inizi del 1900 potesse ritornare per un attimo e rivedesse tutte le trasformazioni e le mutazioni dei luoghi e delle abitudini imposte dalle nuove e moderne tecnologie, rimarrebbe sicuramente incredulo e scioccato.
Tutto questo è ciò che tutte le generazioni future saranno costrette a subire nei tempi, e anche per noi che questi momenti li stiamo vivendo, arriverà il giorno in cui ci meraviglieremo dei nuovi mutamenti che la scienza, avanzando e migliorandosi, ci imporrà di prepotenza.
Impensabili i progressi ottenuti nelle comunicazioni attraverso le reti, così come impensabile il breve lasso di tempo necessario all’uomo per raggiungere oggi fisicamente, un qualsiasi posto nel mondo.
A confronto, le lunghe traversate oceaniche affrontate nella emigrazione con le navi del tempo, sembrano oggi eternità, così come le lettere spedite per via aerea che impiegavano settimane o mesi prima di raggiungere la destinazione.
Oggi le notizie viaggiano in tempo reale da un capo all’altro del mondo, le condizioni di vita, per i paesi occidentali, hanno raggiunto livelli di progresso notevoli, e gli sforzi fisici nel lavoro dell’uomo sono stati ormai demandati quasi tutti alle macchine che, giorno dopo giorno, lo sostituiscono in ogni settore lavorativo.
Un veloce raffronto con i tempi che ti ho raccontato, mi fanno pensare a tutte quelle macchine agricole che hanno sostituito il lavoro manuale riducendo al minimo tempi e costi di produzione delle cose, dove l’uomo è presente solo come mente organizzativa.
Un semplice trattore provvede non solo ad arare ettari di terra, ma assolve anche alla semina e alla raccolta, a maturazione avvenuta, dei frutti per cui si è lavorato.
Non più file di uomini, a piedi o a dorso d’asino, con zappe e roncole per dissestare, seminare e mietere come succedeva ai miei tempi, ma opera meccanizzata con trattori, aratri, erpici, scuotitori, falciatrici, imballatrici e mietitrebbie che, indirizzate dall’uomo, e da sole, in breve tempo forniscono il prodotto finito. 
Tutte quelle donne di cui ti ho parlato che, all’alba si dirigevano verso i grandi uliveti del circondario per raccogliere le olive del “padrone”, sono state oggi sostituiti da scuotitori meccanizzati che, raccolgono, insaccano e, a volte macinano direttamente le olive appena raccolte, aumentando notevolmente le quantità raccolte e migliorando sensibilmente la qualità dell’olio prodotto.
Di quante altre cose potrei oggi parlarti che hanno contribuito a ridurre al minimo gli sforzi umani limitando l’intervento dell’uomo che spesso, non è più fisico ma, mentale?
Sono sicuramente infinite, e tutte legate alla evoluzione e alle nuove scoperte fatte dall’uomo di queste ultime generazioni che si è potuto dedicare con maggiore lena allo studio e alla ricerca.
Tutto è dunque legato allo studio, al sapere e alla ricerca, e con questi, evoluzione, progresso e miglioramento civile e sociale.  Nuove scoperte, nuove tecnologie, nuovi strumenti di lavoro che l’uomo di oggi può usare non solo per tentare di migliorarsi ulteriormente, ma anche per divertirsi, per viaggiare, per scoprire nuovi mondi e conquistare nuovi orizzonti.
Se tutti questi progressi sono evidenti e incontestabili, è vero anche che con essi sono cambiate le abitudini di cui da tempo ti sto parlando.
Sono spariti i sapori e gli odori, e nonostante la modernità ci propone oggi supermercati ricchi di prodotti impeccabili alla vista, gli stessi sono spesso poco piacevoli al gusto, soprattutto per quelli che altri gusti hanno provato.
Da riconoscere che tutto ha subito trasformazione e che molte cose vengono prodotte a livello industriale, con lavorazioni a catena che producono quantità impensabili di prodotti, che vengono poi posti sotto vuoto in buste adeguatamente sigillate, per tentare di conservarne la fragranza e la freschezza del prodotto lavorato.
A volte ci si riesce, ma i sapori e gli odori d’altri tempi, sono completamente spariti ed oggi, per tutta una serie di motivi, è difficile riscoprirli.
Ricordo con nostalgia tutte quelle conserve, apparentemente facili da produrre, che riprodotti oggi con le nuove tecniche, non conservano più la qualità e la fragranza di una volta. Soprattutto per i modi e per gli ingredienti aggiuntivi adoperati, che non presentano più le vecchie caratteristiche.
Olive Greche, Aglio Spagnolo, Origano Ceceno, Peperoncino Messicano, Arance Portoghesi, Melanzane Cinesi, Funghi Croati e tante altre cose che provengono sempre più dall’estero e che hanno soppiantato e alterato non poco i sapori genuini nostrani che, nella loro semplicità conservavano tutta la loro fragranza.
 Non solo queste sostituzioni di prodotti, ma anche le tecniche adoperate per conservarli hanno subito trasformazioni che, legati al guadagno di tempo e ai quantitativi da produrre per esigenze di mercato, hanno fatto dimenticare quelle operazioni manuali messe in atto dalle nostre donne.
Queste ultime, nel silenzio, con amore e con a disposizione tutto il tempo necessario, elaboravano con massima cura, guardando, se necessario, anche il calendario per poter rispettare “le mancanze lunari” dei vari periodi dedicati a queste operazioni, cosa ritenuta, a buona ragione, importante e fondamentale per la buona riuscita.
Per farti capire come sono cambiate queste cose, mi limito semplicemente a raccontarti una o mille storie legate tutte a quei prodotti di alimentazione semplici e basilari, che hanno contribuito a sfamare intere generazioni nei tempi difficili del prima e del dopo guerra. Inizio a parlarti di un alimento semplice come i “Fichi secchi”, per poi proseguire con qualcosa di più importante come il pane, i salami, la frutta e le varie verdure. 
I Fichi secchi, (li Scadi o li fhomici così come venivano e vengono volgarmente chiamati nella lingua del nostro paese), hanno costituito una risorsa alimentare fondamentale, tanto da spingere molte famiglie a prendere in fitto appezzamenti di terra con un certo numero di piante di fichi in produzione, ben stimate da un apposito perito di parte, che ne stabiliva il costo complessivo del fitto. 
Quante famiglie hanno operato “cu li fhicari de li Livariegghi”, con quelle piante di fichi posti nella località “Livariegghi”, così denominata per la natura sabbiosa del terreno che non faceva crescere in modo adeguato le piante d’ulivo lì presenti. 
 Quei fichi avevano il vantaggio di essere particolarmente succosi e dolci, rispetto ad altri provenienti da altre località sparse sul territorio curinghese, qualità dovute, forse, alla particolare conformazione sabbiosa del terreno che li ospitava.
E nella stagione estiva, periodo in cui maturano i fichi e gli stessi abbondano, era un via vai interminabile “de li fhicari de li Livariegghi” per preparare “Cannizza” stuoie di canna, sulle quali stendere, dopo averli tagliati in due, i fichi maturi per farli essiccare al sol leone.
 I ricordi mi portano a quelle persone preposte a realizzare questi supporti, che dopo essersi approvvigionati di canne raccolte in località Samboni, (luogo dove le canne crescevano copiose), sedute su una pietra o su uno sgabello in legno da loro stessi creato, con un piccolo coltello stavano a ripulire le canne.
Venivano poi tagliate longitudinalmente in modo da cavarne almeno quattro strisce che poi, con particolare abilità e pazienza, intrecciavano in modo da ottenere una stuoia grande e compatta.
Su queste stuoie venivano essiccati i fichi così come venivano essiccati i pomodori tagliati per farne conserve per l’inverno ma, in alcuni casi venivano anche usati per allevare il baco da seta, e Curinga, in altri tempi, era famosa per questo tipo di allevamento.
 Le stuoie venivano a loro volta rialzate da terra e fissate su appositi supporti in modo da salvaguardare l’igiene del prodotto evitando che qualche lucertola o qualche altro piccolo animale presente potesse poggiarsi sopra.
Le stuoie così fissate, consentivano una migliore esposizione al sole ed una ventilazione migliore del prodotto che si essiccava in più breve tempo.
Era una costante sorveglianza ed un costante rinnovamento di fichi da essiccare e da raccogliere anche perché la stagione era lunga e la produzione di fichi si rinnovava giorno dopo giorno.
I quantitativi prodotti da ogni famiglia non erano mai pochi anzi, in ogni casa c’era “lu casciuni de li scadi”, una grande cassa per conservare i fichi secchi prodotti nell’annata.
La risorsa era tale che le mogli e le mamme di famiglia, nel preparare “lu serviettu”, cioè la colazione da portarsi in campagna e da consumarsi durante la giornata lavorativa, non mancavano mai di aggiungere una manciata di fichi secchi al pane e al companatico che lo riempivano e che i propri mariti e i figli in età lavorativa si portavano dietro anzi, spesso riempivano addirittura le tasche dei pantaloni da lavoro.
Si diceva che un fico secco (“‘Na scada”) messa in bocca durante il lavoro, ravvivasse le forze, rendesse più energici e addolcisse la bocca come nessuna altra cosa potesse fare in quei particolari momenti di fatica.
Ti dirò di più, le mamme erano così previgenti che la manciata di fichi secchi la aggiungevano sempre nella cartella dei propri figli che andavano a scuola.
Oltre ai libri e ai quaderni c’erano sempre dei fichi secchi nelle cartelle perché questi, costituivano le “Chewing-gum del tempo, utili non solo a risollevarsi dalla fame durante la mattinata, ma anche a socializzare perché venivano scambiati tra compagni di scuola così come oggi si scambiano le figurine dei calciatori, e inoltre venivano offerte spontaneamente a chi non ne possedeva.
Si barattavano anche, nel senso che alcuni ragazzi li possedevano farciti con mandorle o noci, e in questi casi, un fico secco così preparato, ne valeva almeno tre di quelle semplici.
Dico semplici perché c’erano anche quelle intere che erano di maggior pregio rispetto a quelle tagliate in due, così come c’erano anche i fichi secchi neri.
La produzione industriale di oggi prevede l’uso di Essiccatori a colonna, che, in una sola operazione, riscaldando e ventilando, nel giro di poco tempo, fornisce il prodotto finito e pronto al consumo. Non più Sol Leone, ma “ventilazione ad aria calda”; questa la tecnica di produzione moderna.
Potresti obiettare osservando che si tratta pur sempre di “fichi secchi”, di un alimento cioè che oltre ad essere quasi completamente scomparso dalle nostre abitudini alimentari è oggi superfluo alla alimentazione, perché gusti come quelli prodotti dalla nutella e dalle merendine confezionate, hanno soppiantato completamente questo vecchio prodotto alimentare. 
In ogni caso, per farti capire che quello che sto affermando corrisponde a verità, potrei farti altri esempi di sapori perduti, di alimenti in uso ed indispensabili alla alimentazione dell’uomo.
Mi riferisco ad esempio al “Pane”, del quale oggi non si riesce più ad apprezzare ne’ sapore ne’ odore se non in pochissime occasioni e solo per rarissimi forni a legna che lo producono.  
Un semplice pane acquistato oggi, qualunque sia la sua forma o la sua dimensione, deve essere consumato per intero nell’arco della giornata, perché una eventuale rimanenza per il giorno successivo, al limite, la si può grattugiare per riciclarla in altre ricette da cucina, ma non più per consumarla normalmente come sarebbe lecito fare.
Altra cosa la “Fornata di Pane” prodotta dalle donne dei miei tempi, che usavano farina appena macinata al Mulino locale, proveniente da grano coltivato nella nostra marina, cotta nel forno a legna di cui ogni casa dell’epoca era dotata, che durava e si conservava, mantenendo intatta la sua fragranza, per almeno quindici giorni, senza perdere per questo il suo sapore. 
Una produzione a lunghissima conservazione senza che venissero usate strategie particolari o sofisticate. 
Oggi invece, panini che perdono la loro fragranza dopo appena poche ore dalla loro sfornata, che si induriscono e che sono utilizzabili solo come munizioni di difesa da possibili nemici.
Potrei continuare l’elenco dei sapori perduti parlando di ortaggi e frutti per i quali, oggi, si spende più in prodotti chimici per preservarli dagli attacchi dei parassiti, che in sforzi fisici per portarli a sana maturazione.
Non voglio neanche parlarti degli insaccati nostrani (Soppressata e Capicollo) ai quali le nostre donne dedicavano tutta la loro competenza manuale, tirando fuori prodotti che col solo odore riuscivano a saziarti. 
Sono ormai sparite quelle Soppressate conservate sott’olio così come sono sparite quelle conservate sotto la cenere che, quando affettate, “lacrimavano”; lungo il taglio sgorgavano gocce di colore rosso intenso che fuoriuscivano dalla superficie emanando odori che facevano venire subito l’acquolina in bocca. 
Dove sono andate a finire quei filari di salsicce, soppressate e pancetta salata appesi ai pali fissati al soffitto, in una cucina rustica attrezzata da focolare per poterle asciugare “affumicare” e farle essiccare adeguatamente, o quegli ossi di maiale bolliti (Gambuni) e consumati tra amici in convivialità?
Si trovano pure oggi le Soppressate nei grandi Supermercati, ma sono tutte ottenute con essicazione artificiale e conservate sotto vuoto, in involucri di plastica trasparente, preservandone magari al massimo la igienicità del prodotto, ma perdendo dello stesso il sapore caratteristico.
Prova oggi a conservare in Frigorifero, per un paio di giorni, la verdura comprata al supermercato; scoprirai con grande sorpresa che, nella migliore delle ipotesi, il cinquanta per cento del prodotto è da buttare nel secchio della spazzatura perché i prodotti conservanti che gli consentono maggiore durata, hanno anch’essi una durata limitata e, finita questa, la roba è destinata a marcire.
A questo punto ne convieni pure tu che non ci può essere raffronto tra ciò che si produceva e ciò che si produce oggi in termini di prodotti alimentari, perché il confronto, non può reggere assolutamente soprattutto se si raffrontano i “sapori e gli odori”.
Da riconoscere in ogni caso a questi tempi moderni, il progresso dovuto alla evoluzione tecnologica e ben vengano queste innovazioni che migliorano le conoscenze e con esse la vita. 
L’elettronica in particolare non trova e non può trovare raffronto con i tempi passati proprio perché si era agli inizi di questa nuova branca scientifica; così come nella scienza che riguarda la meccanica e che ha fornito all’uomo tutta una serie di macchine agricole che lo hanno sostituito interamente nell’opera manuale e fisica.
Il rimpianto, non è per il progresso sopravvenuto che ha trasformato le abitudini, ma per i sapori, i profumi e per quelle delizie che, purtroppo non si vedono e non si sentono più.
Evoluzione e gruppi di Associazione
 Che il progresso dovuto alla evoluzione tecnologica abbia in questi ultimi tempi superato ogni limite immaginabile, è evidente e rimane sotto gli occhi di tutti.
Ti ho già detto che questo è il benvenuto, se rivolto al miglioramento delle condizioni di vita umana perché oggi ad esempio, un Computer ed una connessione Internet, consentono operazioni e risoluzioni di problemi che, mai prima potevano essere pensati.
 E’ noto a tutti che il computer trova oggi larghissime applicazioni nel mondo scientifico, ma rimanendo con i piedi per terra e nell’ambito di ciò che ti sto raccontando, ti dico semplicemente, che indagando con questa “finestra aperta sul mondo”, abbiamo scoperto molte cose sulla realtà di questo piccolo centro della Calabria dove io ho trascorso la mia giovinezza e tu, ne sei testimone perché in questo mi hai aiutato.
Attraverso il computer, tutto appare virtuale, ma si traduce in realtà quando la notizia che interessa la si stampa per trasformarla in formato cartaceo e la si studia con l’intento di approfondire le proprie conoscenze.
Questo, se ricordi, è ciò che abbiamo fatto quando eravamo distanti da questa realtà, perché abbiamo assieme indagato e studiato, ed io in particolare, ho cercato di annullare la mia lunga assenza, provando a digitare il nome del mio paese “Curinga” su un motore di ricerca, ed ho scoperto tutta l’operosità che ha caratterizzato e che caratterizza ancora questa comunità.
 Ho riscoperto alcuni aspetti di “vita di paese” che in me si erano assopiti da tempo, ed ho potuto farlo collegandomi ai siti dei Gruppi di Associazione esistenti in Curinga. 
Leggendo le varie notizie sui vari eventi portati avanti da questi gruppi, mi sono ritornate in mente molte altre cose che intendo ora raccontarti, senza volermi sostituire al loro operato che ritengo utilissimo quando viene offerto spontaneamente ed aiuta a ricordare i tempi passati.
Con una approfondita indagine sui Gruppi costituiti ed esistenti a Curinga, ho scoperto che nel suo territorio esistono ed operano numerose associazioni che, per quanto mi riguarda, sono di nuova generazione e che si affiancano a quelle storiche già esistenti o estinte ed ormai scomparse.
 Ci sono o ci sono stati:
  1. Gruppi Storici religiosi: come le Confraternite dell’Immacolata e del Carmelo;
  2. Gruppi religiosi derivati: come il Terz’ordine Carmelitano e Francescano, il gruppo di preghiera di Padre Pio, il Volontariato Vincenziano e Azione Cattolica;
  3. Gruppi di Solidarietà: vecchie cooperative dismesse ormai da tempo come Unione e Lavoro, La Concordia, Ente comunale di assistenza (che diede origine alla Casa di Riposo Maggiore Perugino), ACLI, ARCI, Martin Luther King, Croce Rossa, Laboratorio Moietta, Fidapa e Associazione Carabinieri in pensione;
  4. Gruppi per la difesa del territorio: Costa nostra e Vivi Acconia;
  5. Gruppi musicali bandistici: Città di Curinga (Direttore prof. D. Furciniti), Giuseppe Verdi (Direttore prof. Maurizio Augruso), Francesco Currado (Direttore Maestro Vito Currado);
  6. Gruppi di promozione del luogo: Associazione per Curinga, Pro Loco;
  7. Gruppi Sportivi di vecchia e nuova generazione: Libertas Curinga, Nuova Curinga;
 Con molta probabilità qualche altro gruppo che ha operato o che opera ancora sul territorio, sarà sfuggito alla mia attenzione, ma il solo numero di quelli già elencati, diventa significativo per una comunità che ha solo 6788 abitanti.
Onore e merito ad ognuno di loro che insegue obiettivi rivolti alla promozione di un qualcosa che riguarda il paese di Curinga. Tra i gruppi storici ci sono quelli nati con le Chiese esistenti in Curinga (Immacolata, Carmelo) alle quali sono profondamente legati.
Alla Chiesa dell’Immacolata, è legata la Congrega omonima che lega la sua storia alla origine della chiesa stessa (inizialmente San Nicola), che risale al 1593 con i successivi ampliamenti del 1661 e le ulteriori ristrutturazioni del 1777.
Analoga è la storia per la nascita della Congrega del Carmelo che la si può fare risalire alle origini della Chiesa di appartenenza 1652 quando fu posta la prima pietra per la costruzione di ciò che negli anni è divenuto un Santuario.
I loro congregati sono stati sempre mossi da carità cristiana, rivolta verso il prossimo e offerta in modo incondizionato e gratuito da tutti e verso tutti.
Operavano per il bene dei consociati e della comunità che faceva capo alla chiesa di appartenenza, con un Priore eletto dai “Fratelli”, ed un gruppo direttivo a sostegno, anch’esso eletto da tutti i Fratelli iscritti alla confraternita.
Ricordo rivalità accanite tra questi due gruppi storici che, soprattutto tra gli anni ’40 – ’50, gareggiavano nel preparare la migliore processione, magari più seguita di quella degli avversari, e che costituiva motivo d’orgoglio per il gruppo che ci riusciva.
Rivalità per le quali si arrivava anche a vere e proprie liti familiari, con evidenti ripercussioni sui più giovani che, difficilmente sceglievano una fidanzata che appartenesse alla congregazione diversa dalla sua o della sua famiglia.
Per fortuna, tutte queste cose si verificavano in altri tempi, non in questi attuali, dove ormai tutto è superato e addirittura le congregazioni si consociano e si scambiano favori in nome dell’unità religiosa e sociale.
A queste confraternite e alle singole chiese, sono legati anche i Gruppi del Terz’Ordine Carmelitano e Francescano.
Se il Priore di Congrega è sempre stato rappresentato da una figura maschile, nel Terz’Ordine Francescano o Carmelitano che fosse, ci sono prevalentemente figure femminili, con obiettivi di “Carità Cristiana” che operano con atteggiamenti di solidarietà verso chi soffre, soprattutto fisicamente.
A loro, durante le processioni, è riservato uno spazio apposito, che precede la Madonna, e con la “Priora” a portare lo Stendardo rappresentativo del Terz’Ordine di appartenenza.
Non sono da meno il Gruppo di preghiera di Padre Pio, e il Volontariato Vincenziano, anch’essi dediti a perseguire obiettivi di “Carità Cristiana”, uniti anch’essi nella fede e nella preghiera.
Ti ho recentemente parlato delle cooperative istituite in Curinga subito dopo l’ultima guerra, che hanno contribuito non poco a migliorare la produttività, e con essa l’economia di questa comunità, fornendo ciò che necessitava a rendere produttive quelle terre avute in diritto di coltivazione dalle famiglie contadine.
La Banca del Grano e la distribuzione degli utili messi a frutto da queste cooperative a tutti quelli riportati nell’Elenco dei Poveri, non è stato da poco anzi, va riconosciuto come merito a tutti quelli che ne hanno promosso la nascita e si sono dedicati alla solidarietà umana. Non vanno nemmeno dimenticate quelle persone che, dietro la messa a disposizione di beni materiali da parte del Maggiore Perugino, e dietro le sue insistenze, si sono adoprate per far sorgere in Curinga, quella “Casa di Riposo” che costituisce oggi il fiore all’occhiello di questa comunità.
Una citazione a sé merita questa “Casa di Riposo Maggiore Perugino”, perché ha dato conforto e speranza a tutte quelle persone, ormai avanti negli anni, con la possibilità di stare assieme, di socializzare e di essere accuditi sotto ogni aspetto da personale qualificato, compreso quello medico.
Un altro gruppo sorse verso la fine degli anni ’50 in Curinga ed era il gruppo politico-ricreativo delle ACLI, con soci di tendenza politica prevalentemente democristiana, che forniva ai lavoratori e contadini locali, una possibilità di svago in più e una alternativa alla solita vita da Bar che molti erano soliti fare.
Così come sorsero le ACLI, non molto tempo dopo, sorse in Curinga un nuovo gruppo di tendenza politica diametralmente opposta, l’ARCI, i cui propositi erano quelli di canalizzare i molteplici interessi giovanili verso un proficuo impegno sociale distogliendoli da una vita fatta di sole e inutili avanti-indietro per il corso Garibaldi.
Ricordo riunioni fiume su temi politici e sociali del tempo, guidati da una personalità politica di nome venuta da fuori territorio, che col suo sapere istruiva e rendeva partecipi a tutto ciò che stava succedendo nel mondo.
Avere vissuto i tempi di Papa Giovanni XXIII, dei Kennedy, di De Gasperi, di Nenni, di Berlinguer ecc., ha fatto nascere in quei giovani una presa di coscienza utile poi a farli diventare uomini molto prima del tempo necessario per poterlo diventare.
I problemi di sopravvivenza erano tanti e le rivalità tra fazioni politiche opposte tantissime, con un marchio di appartenenza che ognuno si portava dietro contrassegnandolo per tutta la vita.
La forza, era il potere politico, ed era questo potere che decideva il cosa fare e dove operare, e a dimostrazione di quanto ti sto adesso raccontando, rimangono le manifestazioni fatte per la scelta della sede universitaria in Calabria e, sistematicamente ignorate.
“Al Posto Giusto” questo era lo slogan gridato in piazza; purtroppo l’Università ha preso la via di Cosenza, voluta principalmente dall’allora Ministro dell’Istruzione on. Misasi, cosentino di nascita, quando la Piana del Lametino si offriva come sede ideale per lo sviluppo della cultura Calabrese.
La centralità e le facili comunicazioni viarie lo suggerivano.
Fu poi il caso della fantomatica SIR che ha trovato ubicazione lì dove doveva sorgere la Università.
Dismessa da Porto Torres in Sardegna, veniva installata nel posto sbagliato e nel modo sbagliato, con reparti mai entrati in funzione e con successivo abbandono dell’intera struttura.
Una zona Industriale che doveva dare occupazione alle popolazioni dei comuni che si affacciavano sulla piana del Lametino, con ogni operaio assunto in base alle proprie competenze e professionalità, che ha pure assunto, ma che ha posto immediatamente in cassa integrazione, entrando a far parte di quella massa di operai concretamente supportati da quella odiosa politica definita “assistenzialista”.
Una politica assistenziale che si è rivelata un vero fallimento, ma la vergogna maggiore è stata l’avere acquisito il territorio di ubicazione di questa fabbrica con capitali minimi, espropriandola ai proprietari e accontentandoli con somme di danaro irrisorie, non sufficienti a compensare adeguatamente il bene perduto.
Era il territorio sul quale si produceva ogni sorta di ortaggio, ma soprattutto Barbabietole, anche quando si era deciso di chiudere lo Zuccherificio di Santa Eufemia Lamezia costringendo i produttori a portare il loro prodotto a Strongoli.
Osservava intelligentemente un proprietario-contadino del luogo al quale è stata espropriata la sua terra:
 “Ciò che mi hanno dato per metro quadro di terra, io lo guadagnavo piantando nello stesso metro, quattro lattughe che maturavano nel giro di un mese”. 
Questo, per sottolineare l’irrisoria cifra offerta e pagata ai proprietari di quelle terre per impossessarsi delle stesse.
Ci si ritrova oggi con la più importante Università della Calabria sita a Rende di Cosenza, ed una SIR (Società Italia Resine) mai entrata in funzione.
Miliardi spesi per un Pontile di attracco delle Navi al quale non ha mai attraccato nessuno, forse solo Navi contrabbandiere.
Grande cosa è oggi l’esistenza in Curinga di una sede della Croce Rossa, fatta da professionisti che si dedicano volontariamente alla comunità, operando in questo importante servizio sociale.
Una costante e giornaliera presenza sul territorio, ma anche in occasioni di manifestazioni di piazza, nelle quali garantiscono una presenza ed una assistenza medica attiva e qualificata. 
Non è da meno il Gruppo che fa capo al Laboratorio Moietta i cui obiettivi, perseguiti giornalmente, offrono servizi a chi ne ha particolarmente bisogno, mossi sempre da spirito cristiano che li induce a donare e a condividere, anche il loro tempo, con chi ne ha più bisogno.
Da notizie attinte via internet e da constatazione personale diretta, il Gruppo di promozione del luogo che maggiormente ha operato in Curinga, è sicuramente l’Associazione per Curinga, con tutte le sue manifestazioni annuali che, anno dopo anno, stanno diventando una vera e propria tradizione, ripopolando il paese in modo incredibile sia con presenze di emigrati, sia con presenze che arrivano dal territorio limitrofo. 
 Il Premio Città di Curinga, Vicoli e Gusti, La Battola, Riscopri Curinga, Befana in Piazza e Calendario Curinghese, sono alcune delle attività promosse da questa Associazione che, popolano come non mai le vie e le stradine del paese facendo rivivere odori e sapori d’altri tempi.
Da non dimenticare la serata dedicata alle “vecchie immagini di Curinga” con “Curinga mon amur” che si concretizza proiettando in piazza e su schermo gigante le immagini del “come eravamo” tanto gradite sia dalle vecchie sia dalle nuove generazioni.
Anche la Pro Loco, dà del suo, soprattutto nei periodi estivi organizzando serate di Teatro o di musica in piazza, in modo da allietare le serate estive dei curinghesi e degli emigrati che, continuano ad essere sempre più presenti e vogliosi di riscoprire il territorio.
 Storia a se fanno invece i Gruppi Musicali Bandistici che, in Curinga, hanno una tradizione ormai centenaria. 
La Banda Musicale del Maestro Francesco Currado, la più antica tra quelle esistenti, ripresa e resa efficiente dal Maestro Vito Currado che, nelle sue performance, ottiene ottimi e sempre più numerosi consensi.
 C’è poi la Banda Musicale Città di Curinga che, per lungo tempo è stata la banda ufficialmente riconosciuta dalla Amministrazione Comunale. E’ diretta dal Maestro prof. Domenico Furciniti che, negli anni, ha dato una impronta sempre più personalizzata.
In ultimo, la Banda Musicale G. Verdi diretta dal Prof. Maurizio Augruso composta da giovani e giovanissimi elementi, che suonando marce più o meno note, allieta il pubblico nelle occasioni in cui è impegnata.
Inutile dirti che, tra questi gruppi, nel tentativo di prevalere l’uno sull’altro, si evidenzia una sana rivalità che spinge tutti a migliorarsi e a fare sempre meglio.
Ognuno di questi ha fatto e sta facendo tutt’ora la sua parte, e menomale che ci sono loro a discutere e a fare discutere sui problemi della comunità, perché ho potuto constatare di persona il malcontento religioso e spirituale vissuto dalla popolazione.
Mi sono documentato ed ho anche verificato che in Curinga, dopo la morte del Parroco Don Antonio Bonello avvenuta il 4 settembre del 1984, nella parrocchia si sono avvicendati ben nove parroci per coprire un arco di tempo di circa venticinque anni.
Purtroppo i tempi sono cambiati mio caro nipote, perché mentre prima i parroci associati ad una parrocchia lo erano a vita, oggi vengono spostati da una parrocchia all’altra, a volte senza possibilità di poter avviare il percorso pastorale cui sono demandati.
Don Antonio Bonello è stato alla guida della comunità ininterrottamente per ben quarant’anni. Quale capo spirituale di una grande famiglia ha così potuto conoscere, preoccuparsi e prodigarsi per tutti quelli che a lui si sono affidati. 
Anch’io sono cresciuto sotto la sua dottrina, mi ha visto nascere, Battezzato, preparato per la Prima Comunione, mi ha fatto diventare Soldato di Cristo, mi ha aiutato ad emigrare, mi ha seguito in tutto e per tutto e, così come ha fatto con me, allo stesso modo ha fatto con tutte le altre anime della Parrocchia.
Molti altri, li ha accompagnati anche al matrimonio proferendo in questi casi, omelie e consigli per i novelli sposi che risultavano indispensabili per il futuro percorso di vita coniugale.
Anche le sue omelie funebri venivano apprezzate dalla popolazione, perché sapeva portare conforto ai familiari ricordando il defunto nelle sue essenziali opere umanitarie e comportamentali.
Apparentemente queste cose potrebbero sembrare insignificanti, ma in realtà, hanno la loro importanza e il loro peso, perché un Parroco dovrebbe essere la guida spirituale in una comunità, quello che indirizza le persone al bene, quello che educa i giovani, quello che accomuna le persone appartenenti ad una comunità, quello che fa solidarizzare le genti avvicinando i vari ceti sociali, quello che moralizza, ed in Curinga, questo è avvenuto a fasi alterne.
 Le innovazioni, non sempre sono bene accette dalle popolazioni che le subiscono, perché spesso portano scompiglio.
Le persone religiose ed i credenti in generale, cercano un riferimento spirituale sicuro, e senza un riferimento certo, senza qualcuno del quale si può avere fiducia e nel quale riporre tutte le aspettative di vita spirituale, si rischia di entrare in crisi senza un apparente motivo.
Mi limito solo ad dirti quanto è successo dopo la morte del Parroco Don Antonio Bonello avvenuta nel 1984, e l’avvicendarsi dei vari parroci nella Parrocchia di Sant’Andrea Apostolo in Curinga. 
In sequenza:
  • Due Parroci per una reggenza di quasi un anno (Don Enzo Puia e Don Mimmo Baldo fino a Maggio 1985);
  • Una successiva reggenza per poco più di un mese (Padre Bruno Costantino per circa due mesi fino a metà Giugno 1985);
  • Si è continuato con una sostituzione per soli tre mesi (Don Guerino Giugno – Agosto              1985);
  • C’è stata la reggenza per sei anni (Padre Giovanni Cosentino da Agosto 1985 ad Agosto 1991);
  • Si è insistito su questa scia per altri nove anni (Don Gigi Juliano dall’Agosto 1991 fino a fine anno 2000);
  • Arriva Don Leonardo Diaco (dal 14-1-2001 al 23-9-2008), il Parroco ideale per Curinga. Aveva riempito la chiesa come nessuno da tempo c’era più riuscito, coinvolgendo giovani ed anziani in un fermento di vita cristiana apprezzato da tutti. Viene purtroppo spostato a Lamezia Terme, e gli viene affidata la Parrocchia di Santa Maria Maggiore;
  • Arriva per soli tre anni Don Giuseppe Critelli (dal 23-9-2008 al 31-10-2011), anche questo sostituito;
  • Per due mesi, la comunità curinghese rimane senza Parroco; ad esigenza, celebra Messa il Parroco di San Pietro a Maida.
  • Arriva infine, ed è tutt’ora reggente, il Parroco Don Pino Fazio (dal 4-12-2011 a . . .).
 Sono queste le decisioni prese dalla Diocesi.
 Si è capito comunque, che non ci sarà più un nuovo Don Antonio Bonello, che delle anime a lui affidate sapeva tutto e soprattutto, conosceva tutti.
 Petruzzu mio, chistu non’è progressu.