Dall'Autonoleggio al Calzolaio

Auto Noleggio, Fabbro e Sarto

Il locale accanto alla Farmacia, è la prima Baracca e, quando io ero ragazzo, era un garage, dove Don Peppino Maroncelli teneva la sua automobile che costituiva il suo mezzo di lavoro, perché la usava per noleggio.
 A quei tempi a Curinga le automobili si contavano sulle dita di una mano, infatti, la possedevano soltanto famiglie benestanti (famiglia Bevilacqua, famiglia Panzarella, famiglia Gullo, ecc.).
Per gli spostamenti nei Paesi vicini i Curinghesi spesso si recavano a piedi oppure si servivano della “macchina a noleggio”.  
E’ stato proprio Don Peppino a portarci alla Stazione Ferroviaria quando, con tuo padre piccolino, siamo partiti per l’America.  Era un tipo che amava la compagnia e soleva fare degli scherzi durante le rappresentazioni Teatrali che costituivano un’attrattiva per il popolo di Curinga. 
Curinga non aveva un Teatro, veniva usato a tale scopo qualsiasi locale.
Durante la Settimana Santa la Passione di Cristo si rappresentava nel Trappeto che si trovava sotto questa Piazza, vicino Tre Canali.
La Baracca successiva che adesso ospita il Bar nel tempo ha ospitato, come ti avevo già detto, varie attività.
Alle origini è stata una “Fhorgia” gestita da Vito Frijia (più noto come Zziu Vitu) che svolse la sua attività di fabbro ferraio fino a quando non è dovuto partire per il “soldato” (Servizio Militare). 
Durante la sua assenza l’attività è stata portata avanti dignitosamente da suo nipote Domenico Grasso.
L’attività consisteva nella costruzione di piccoli utensili in ferro di uso domestico (alari per il focolare, Tripodi, ecc.) e contadino (Aratri vanghe, zappe, ecc.). 
Il lavoro principale tuttavia consisteva nel ferrare Asini, Muli e Cavalli nonché Buoi che assolvevano l’importante compito di aiutare l’uomo nell’aratura dei campi.  
Successivamente ha ospitato la bottega di un Sarto “Mastru Lia Pallaria” che, con i suoi discepoli, (Giovambattista Gaudino e Giulio Prinzi) svolse la sua professione fino a quando si ritirò dall’attività che passò alla direzione di Giulio Prinzi.
Tale bottega era un pullulare di giovani apprendisti che, oltre a imparare il mestiere, trascorrevano le giornate in allegra compagnia spesso facendo dei piccoli scherzi ai passanti.
Il massimo divertimento si otteneva quando passava da lì “Mastru Emilio”, il Becchino del paese. 
Era un uomo dall’apparenza cupa, in realtà amava farsi notare ed essere stuzzicato, per poter poi reagire nella maniera che per lui costituiva il massimo divertimento: da una semplice frase che gli veniva urlata dietro, rispondeva con storielle, a volte a contenuto offensivo e pornografico, rivolte verso il mal capitato alle quali seguivano le risate e il divertimento di chi vi assisteva.
Un altro divertimento tipico era quello di legare dei soldi ad un lungo filo sottile per poi affrettarsi a tirarlo non appena un qualsiasi passante si piegava nell'intento di recuperarli. 
C’era poi il gioco più doloroso della “Palla di Carta”.
Si trattava in realtà di un masso camuffato e lasciato in attesa del passante desideroso di dare un calcio a un “Pallone” abbandonato la cui conseguenza era un urlo di dolore anche perché non tutti avevano le scarpe.
Trattoria, Bar e Barberia
 
Sempre nel locale dove oggi compriamo il gelato mentre quei gruppi seduti ai tavolini giocano a carte, c’era “Donn’Angila a Petrisa”: una donna bassina ma energica e coraggiosa, che gestiva il suo negozio di generi alimentari e, nel retro, separata da una scaffalatura, una trattoria per coloro che transitavano per Curinga.  Ricordo il profumo del pane appena sfornato, ma anche quello delle soppressate e dei formaggi locali, odori che attiravano non solo i viaggiatori, ma anche chi vi beveva un buon bicchiere di vino, anch’esso rigorosamente locale.
La Piazza era il luogo di fermata dei Pullman che viaggiavano per Catanzaro e per Sant’Eufemia e, essendo i tempi di attesa sempre lunghi, i passeggeri potevano consumare uno spuntino. La gente non aveva fretta come ai tempi d’oggi, soprattutto quando viaggiava, consapevole delle lunghe soste, era preparata e organizzata e tutto rientrava nell’ambito di una normalità che non generava lamentele o proteste da parte di alcuno. 
La specialità di questa trattoria era il “Baccalà fhrittu” accompagnato ad un pezzo di pane e un buon bicchiere di vino e costituiva spesso il pranzo della giornata.
I profumi che invadevano tutta la piazza investivano i passanti che non disdegnavano apprezzamenti e commenti al merito di donn’Angila.
Oggi entrando nel Bar “Al Centone” i vecchi profumi sono stati sostituiti dall’aromatico caffè e, al posto di quelle specialità, si può gustare un ottimo gelato.
Rappresenta inoltre un punto di ritrovo di vecchi frequentatori e pensionati che sono ospitati per la tradizionale partita a carte al costo di una consumazione (in genere caramelle o un caffè), pagata naturalmente dagli sconfitti, con il gusto di un trofeo per i vincitori.
Le coppie di giocatori in genere sono fisse e rappresentano uno spasso per gli avventori perché l’intensa partecipazione genera delle discussioni piuttosto animate durante lo svolgimento delle partite.  A seguire c’è la Barberia di “Peppinuzzu Lojacono”, ma ai miei tempi, lavoravano i maestri falegnami Mastro Vito Sgromo e suo cognato Peppino Sorrenti. Bravi e capaci artigiani dalle cui mani venivano fuori lavori d’intarsio che ancora oggi si possono osservare sui portoni di alcune case.
Ancora prima, c’era stato un altro Barbiere: Giovambattista Calvieri trasferitosi poi in un locale di sua proprietà sito in via Roma, poco distante da Piazza Immacolata.
Si racconta che ai suoi tempi molti contadini le prestazioni non le pagavano in soldi bensì con prodotti della campagna (Fagioli, Uova e legumi di vario genere). Quando è subentrato Peppinuzzu Lojacono, la classica bottega del barbiere è diventata anche un luogo d’incontro per le persone più acculturate. Soprattutto nei tardi pomeriggi invernali, in una nuvola di fumo, si discuteva di politica locale ma anche nazionale e internazionale.
Non mancavano certo coloro che riuscivano ad attirare l’attenzione e trasmettere una nota di allegria con divertenti aneddoti su persone del luogo e quindi noti a tutti.
La Barberia fungeva anche da distributore dei quotidiani nazionali, Corriere dello Sport e Sport Sud (quotidiano dedicato allo sport della Campania, Basilicata e Calabria).
L’argomento sport, calcio in particolare, era sicuramente quello cui partecipavano tutti spesso con accese discussioni: ognuno si poneva a difesa della squadra preferita con un’enfasi tale da richiamare l’attenzione anche dei passanti.
Giuseppe Lojacono fa parte della schiera delle settanta persone insignite di riconoscimento da parte della Camera di Commercio di Catanzaro per fedeltà e dedizione al lavoro.
 
Laboratorio Radio-TV, un Calzolaio e la biblioteca
 
Lo vedi quel variopinto e allegro negozio di fiori? Certo in te non suscita alcuna emozione, ma sappi che ai miei tempi un negozio di fiori a Curinga non esisteva proprio! Comprare dei fiori era inconcepibile per la gente comune che, accanto agli ortaggi, li coltivava nel proprio giardino.
  Dunque in questo posto negli anni passati c’era il negozio, con annesso laboratorio tecnico per le riparazioni, di apparecchi radio e televisori del sig. Sebastiano Garofalo: un negozio futuristico per i tempi, quando i primi televisori cominciavano ad affacciarsi in qualche casa. 
In realtà ad avviare questa attività non fu Sebastiano Garofalo, ma suo cognato Mimmo De Pace, anch’egli competente degli apparati elettronici del momento. Emigrò in America proprio negli anni ’50.
 Quando venivano trasmessi eventi importanti, le case delle famiglie che possedevano la TV si trasformavano in sale cinematografiche in miniatura in quanto ospitavano oltre ai parenti tutto il vicinato, soprattutto ragazzi, che generosi di esclamazioni di meraviglia spesso creavano una notevole confusione.
Le partite di Calcio richiamavano il maggior numero di spettatori ed allora anche la sede del M.S.I. locale si era attrezzata di Televisore e riuniva ogni sera anche tutti i ragazzini del paese che, rigorosamente presenti, dopo il famosissimo Carosello seguivano le avvincenti vicende di Perry Mason o teleromanzi d’epoca a sfondo storico o sociale.
Col tempo anche a Curinga il televisore è entrato in tutte le case e le serate erano trascorse in modo diverso, con le famiglie raccolte non più davanti al focolare domestico ma davanti al Televisore, e non solo, ma non si raccontavano più le varie storielle o le marachelle combinate dai figli: tutti zitti e attenti a quanto era in onda.
Questo negozio, oltre all’attività di vendita e riparazioni, col tempo si occupò della distribuzione del Radio Corriere, rivista settimanale per gli utenti TV che, oltre all’elenco settimanale dei programmi trasmessi, riportava molte altre notizie soprattutto di cronaca “rosa”.
 L’ultima baracca che ospita oggi una barberia, o meglio parrucchiere per uomo, è stata la calzoleria più nota e più frequentata di Curinga.
Il Sig. Domenico Curcio, soprannominato “Mastru Micu u Ngegnieri”, calzolaio di professione vi lavorava con tre dei suoi quattro figli maschi (Cicciu, Michieli e Giuanni).
Altri apprendisti popolavano la bottega che disponeva di due postazioni di lavoro e, ininterrottamente, cucivano, inchiodavano e rifilavano suole e cuoio pregiato per produrre scarpe eccezionali per qualità e resistenza.
Caratteristica particolare di questa bottega erano le pareti interamente tappezzate con spettacolari manifesti cinematografici: Via col Vento, Quo Vadis, Il Dottor Zivago, Napoli Milionaria e tanti altri; questi oltre a deliziare gli occhi servivano anche per mascherare le pareti umide e cadenti del locale.
Accanto all’attività di calzolaio il signor Domenico gestiva anche l’incasso delle Bollette dell’Enel, per cui tutti, per pagare la bolletta dovevano recarsi alla sua bottega.
I ritardatari, evitavano di passare dal Passo perché, come li scorgeva col suo occhio vigile, li richiamava ad alta voce causando un forte imbarazzo nel malcapitato debitore.
Sotto quel muretto all’angolo della piazza, ora vediamo una serranda chiusa; ricordo la Biblioteca Comunale di Curinga, gestita da “Zia Titta”, un poeta locale noto per le sue poesie popolari a sfondo satirico sulla vita curinghese.
Svolgeva questo lavoro con competenza, dedizione e passione.
In realtà la sua professione era di sarto che svolgeva assieme a suo fratello Giuseppe, anche lui poeta, e ai suoi nipoti Pippo, Domenico e Sandro.
I vecchi libri, alcuni sgualciti, custoditi in alti scaffali erano costantemente richiesti da molti giovani del paese che attraverso la lettura alimentavano e arricchivano la loro cultura che passava anche attraverso la visione di rappresentazioni teatrali che lo stesso Zia Titta inscenava assieme ad altre persone di cultura.
Era il Periodo del Maestro Terranova, del Maestro Sestito, del Maestro Anania, del Maestro Sgromo, del Farmacista Gullo, dell’Arciprete Bianca e di tanti altri che adesso non ricordo più.
Erano tutti uomini di cultura e di grande personalità.